ROMA – La Global Sumud Flotilla continua la navigazione verso le coste della Striscia di Gaza, nonostante gli attacchi multipli di due notti fa, così intensi da spingere Luca Radaelli, l’infermiere della Life support – la nave di Emergency che si è unita alla flotta civile -, ad affermare che “la notte è trascorsa tranquilla” nonostante le imbarcazioni abbiano “notato dei droni sorvolare la flotta”. Radaelli aggiunge: “C’è stata qualche preoccupazione, visti gli eventi dei giorni passati, però stavolta non ci sono stati incidenti”. Velivoli senza pilota di origine sconosciuta sono ormai compagni di queste imbarcazioni. Il primo attacco risale già all’8 giugno, contro la Freedom Flotilla con a bordo l’attivista Greta Thunberg. Da allora vengono denunciate “intimidazioni da parte di Israele”, che ha già chiarito che non consentirà alle barche di attraccare a Gaza e minacciato di arrestare gli equipaggi e confiscare i natanti. Ma Radaelli conferma: “Stiamo continuando a navigare”. L’iniziativa civile, a cui partecipano da 44 nazioni attivisti, giornalisti, giuristi, eurodeputati e parlamentari – anche italiani – intende rompere l’assedio navale che Israele impone illegalmente dal 2006 sui confini marittimi, aerei e terrestri della Striscia. L’obiettivo è portare aiuti umanitari e fare pressioni sui governi affinché Israele “apra all’ingresso di aiuti e ponga fine al genocidio in corso”. Radaelli continua: “E’ importante capire che la flottiglia è in mare perché a Gaza manca ogni cosa: è difficile far entrare qualsiasi bene di prima necessità. È un inferno. Bisogna lavorare affinché tutto questo finisca”.
Emergency si è unita all’iniziativa attraverso la Life support, nave nata per salvare migranti nel Mediterraneo centrale. Che nesso c’è, chiediamo, con la crisi a Gaza? “Da più di 30 anni Emergency si occupa di garantire i diritti delle persone in ogni parte del mondo, a partire dal diritto alle cure e all’aiuto” replica l’infermiere. “È un lavoro che portiamo avanti anche nella Striscia di Gaza, nelle nostre due cliniche ad Al-Qarara e Al-Mawazy, nel governatorato di Khan Younis. Ci è quindi sembrata una scelta naturale unirci a una flotta civile che vuole garantire diritti alla popolazione di Gaza”. Nelle due cliniche, riporta il referente di Emergency, “il lavoro è aumentato, l’affluenza è più che raddoppiata: da una media di 50 pazienti al giorno ora ne arrivano 300 o 400 giornalieri. Inoltre le persone si presentano in condizioni inaccettabili: non è soltanto la malattia o l’infortunio, ma la malnutrizione, i traumi psicologici. D’altronde, a Gaza le persone vengono sballottate da una parte all’altra di continuo, da ormai due anni, mentre un luogo sicuro in tutta la Striscia non esiste. Anche nelle zone cosiddette ‘umanitarie'”, vale a dire quelle indicate dalle autorità militari israeliane, “gli attacchi avvengono comunque, ogni giorno”. Attacchi a cui l’equipaggio della Life Support ha assistito due notti fa, mirati contro le barche della flotta. “Hanno riportato danni lievi alle vele e agli alberi, che sono già stati per la maggior parte riparati” riferisce Radaelli. “Una invece ha avuto un danno strutturale e forse non sarà in grado di proseguire”.
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