di Francesco Gallo
L’eruzione che nel 79 d.C. colpì con valanghe di cenere bollente Ercolano e Pompei uccidendo all’istante tutti gli abitanti è nota in tutto il mondo, non solo perché distrusse una delle zone commerciali più importanti dell’antica Magna Grecia, ma soprattutto per la sua violenza, in quanto in poche ore seppellì l’intera area vesuviana fino a 20 km di distanza dal vulcano.
Recenti studi hanno portato a molte nuove scoperte, tra quelle più recenti si rammenta il lavoro effettuato da un team di antropologi e ricercatori guidato da Pier Paolo Petrone antropologo forense della Federico II di Napoli, che da anni studia gli effetti delle eruzioni del Vesuvio.
I risultati del loro studio, a cui hanno preso parte il direttore del Parco archeologico di Ercolano, Francesco Sirano, insieme col prof. Piero Pucci del CEINGE – Biotecnologie Avanzate e col prof. Massimo Niola dell’Università Federico II, con ricercatori dell’Università di Cambridge, sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine, rivista medica leader a livello mondiale, in quanto hanno avuto ad oggetto resti di materiale cerebrale rinvenuti in una delle vittime dell’eruzione, il cui scheletro si trova ancora oggi in uno degli ambienti di servizio del Collegio degli Augustali.