Lo scrittore e attore napoletano, scomparso lo scorso 18 luglio, “vivrà per sempre”, perché gli uomini d’amore non muoiono mai!
NAPOLI. Seguendo le tue orme, speranzoso convinto, malato di Napolitudine, dopo la laurea magistrale e una serie di lavori malpagati, sono partito per il Nord per lavorare in una grande azienda nel settore commerciale. La gavetta, piena di storie e umanità, mi ha portato, infine, a Roma. Qualche settimana fa, ai Fori imperiali, osservavo le luci delle finestre di casa tua, immaginandoti mentre scrivevi della nostra Napoli o di filosofia, pensando che nonostante non mi trovassi nella nostra bella Partenope, in fin dei conti ero felice perché in quel posto vi era l’aura della napoletanità. E quindi, caro professore, ti ho salutato a modo mio, prendendomi il caffè nel tuo bar, prima che tu andassi via. ‘Na tazzulella ‘e cafè. Un caffè sospeso nel tempo. Ogni volta che mi arrabbiavo con il Sud, rileggevo “Così parlò Bellavista”. Rivedevo il “32 dicembre” e il cuore ritornava a battere meno violentemente, ricordando cosa fosse Napoli veramente. Come Roberto Benigni recitava per l’amico Massimo Troisi, per lui non vale il famoso detto che è del “Papa”, perchè morto un De Crescenzo, davvero non se fa un altro. In realtà Luciano De Crescenzo, attore, regista, filosofo, scrittore e conduttore televisivo, “vivrà per sempre”, perché gli uomini d’amore non muoiono mai. Un uomo d’amore che, nel porgere la cultura come fosse una buona sfogliatella del mattino, ha sempre saputo raccontare, anzi racconta, con ironia, umorismo, intelligenza ed eleganza, tutta partenopea, il nostro mondo e il nostro tempo. Nobile personalità, ha incarnato il concetto del vero intellettuale, divulgatore di cultura ad ampio raggio, comunicando la gioia di conoscere a tutti. Criticato da lobby intellettuali, radical chic, chiuse in se stesse, invidiose del fatto che avesse portato un libro in casa di persone che non ne avevano neanche uno, ha avvicinato il grande pubblico ai grandi temi della filosofia della cultura e della scienza. Rimarrà per sempre nell’olimpo dei grandi uomini dal cuore immenso, che hanno donato un valore aggiunto alla cultura italiana. Ma c’è un regalo più grande che il professore De Crescenzo ha donato al mondo, ovvero raccontare Napoli a chi non la conosce. Ha raccontato la città nelle sue sfaccettature sociali e sentimentali in modo romantico, umoristico al tempo stesso critico e riflessivo, decantando tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Quella Napoli che, spesso, viene dimenticata, ma che esiste e resiste come definiva ultima speranza per l’umanità. Se un napoletano dovesse consigliare un’ opera che raccontasse la città, quale film migliore di “Così parlò Bellavista”, in cui possiamo vedere la vera Napoli buona e popolare, straripante di gioie e sacrifici secolari, che affronta al tempo stesso temi dolenti come la camorra e la disoccupazione con stile impareggiabile. Ai napoletani, invece, ha regalato la coscienza della napoletanità, un modo unico di essere e di pensare da custodire come uno scrigno delicato in questi tempi in cui il sole, il mare e il mandolino, vengono considerati stereotipi da abbattere, in cui i problemi e le contraddizioni dilagano come se non ci fossero mai speranze e soluzioni. Ricordando una sua bellissima riflessione sugli uomini che studiano come allungare la vita, ci ha insegnato che sarebbe meglio viverla in largo, innamorandosi, viaggiando, commettendo anche qualche inevitabile sciocchezza. Se dovessero creare un istituto dove gli uomini studiano come allargare la vita, questo dovrebbe essere intitolato a De Crescenzo e magari a Napoli, nella sua Santa Lucia di fronte al mare. (Stefano De Crescenzo)