di Claudio Mancusi
Il pontificato di Pio IX era stato essenzialmente difensivo e, pur avendo purificato la Chiesa, l’aveva isolata troppo dalla società non consentendole d’intrecciare relazioni con i gruppi e le idee allora dominanti. Per il bene stesso della religione cattolica era giunto il momento d’attuare una nuova tattica occupandosi di ristabilire i contatti e di trovare qualche terreno d’incontro con il “mondo”, perché, in caso contrario, un’intransigenza portata all’eccesso avrebbe reso sterile di buoni risultati qualsiasi buona attività ecclesiastica. Ma per fare questo era necessario superare una pregiudiziale presentatasi per la prima volta alla morte di Pio IX; infatti la Chiesa si trovò davanti al caso delicatissimo di dover tenere il conclave per la scelta del successore del defunto pontefice senza quella libertà di movimenti che le era offerta per l’innanzi dal possesso di uno Stato suo proprio. Qualcuno avanzò la pazzesca opinione di allontanarsi da Roma, ma per fortuna il buon senso prevalse e tutto si svolse regolarmente, risultando eletto, il 20 febbraio 1878 il cardinale camerlengo Gioacchino Pecci, arcivescovo di Perugia, che prese il nome di Leone XIII.
I timori degli “ultra” di questa e di quella sponda del Tevere (cioè dei più intransigenti clericali e dei più accesi anticlericali) si dimostrarono, in quella come in altre circostanze, sbagliati e la situazione –che era indubbiamente difficile e complicata– non fu mai portata alle estreme conseguenze né da parte della Santa Sede né da parte del Regno d’Italia, lasciando invece al tempo di sanarla; tutti finirono con il rendersi conto che la Chiesa Cattolica stava godendo ormai di un nuovo tipo di libertà, forse non peggiore di quello garantitole per l’innanzi da un pezzo di terra o dagli appoggi interessati di qualche sovrano protettore. Il tentativo di far cadere –insieme con i poteri temporali ecclesiastici– anche il prestigio spirituale, la funzione sacerdotale, fallì pienamente ed il compito insostituibile di una società ecclesiale brillò di una nuova luce, perché non fu offuscato dalle incombenze temporali (che spettavano di diritto ad altri) e si rivolse peculiarmente alla formazione interiore e personale dei fedeli.
Il lungo pontificato di Leone XIII (morì novantaquattrenne il 20 luglio 1903)presenta due aspetti preminenti, abbastanza facilmente individuabili; una serie di affermazioni dottrinali e prese di posizione ideologiche in campo filosofico, biblico e sociale.
Per comprendere quello che avvenne in Germania bisogna ritornare un po’ indietro e ricordare che il Bismarck, onnipotente ministro del re di Prussia diventato anche imperatore, ubriacato dai successi ottenuti ovunque, aveva dato inizio ad un’astiosa guerra di religione volendo piegare ai suoi fini politici anche i cattolici; questa guerra fu chiamata del Kulturkampf, quasi si trattasse di una battaglia combattuta in nome della cultura e del progresso contro l’oscurantismo e i residui di un passato vergognoso; insomma la ragione si ergeva contro la superstizione, di cui la Chiesa cattolica era ritenuta depositaria e propagandista.La proclamazione dell’infallibilità pontificia, uscita dal concilio ecumenico Vaticano del 1869-70, aveva fortemente preoccupato Bismarck (ma non lui solo, perché anche l’Austria denunciò il Concordato dichiarando che uno dei contraenti, cioè la Santa Sede, aveva mutato la sua natura); egli affermò che un cattolico si trovava d’ora in avanti legato da due vincoli di fedeltà, verso il pontefice e verso lo Stato di cui era cittadino, e che l’uno era incompatibile con l’altro.