Nell’ambito delle manifestazioni dedicate al Milite Ignoto, si è tenuto, presso il Circolo Nazionale di Caserta, un convegno per la presentazione del libro scritto dal tenente Pasquale Trabucco: “L’ombra della vittoria – Il fante tradito”, edito da “Albatros”. L’evento è stato curato dalla locale sede dell’Unuci, in collaborazione con il Festival della Vita.
Dopo la prolusione del generale Gassirà, presidente regionale dell’Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia, i saluti della dottoressa Maria Rosaria Pizzo (Festival della Vita) e del colonnello Pasquale Antonucci, in rappresentanza dell’avvocato Carlo Marino, sindaco di Caserta, Pasquale Trabucco ha ricordato gli eventi salienti che lo hanno visto protagonista di una lunga marcia, a piedi, attraverso il Paese, per promuovere iniziative connesse al ripristino del 4 novembre come festa nazionale, al fine di porre rimedio all’ignominiosa soppressione avvenuta nel 1977, con motivazioni solo strumentalmente giustificate dall’austerity.
Con voce ferma e senza tanti giri di parole, Pasquale Trabucco ha parlato del “tradimento della politica” nei confronti dei tanti italiani che hanno immolato la propria vita per la Patria, in quella che è stata la prima guerra totale del genere umano: «La politica ha tradito. Io so di poterlo dire, non in senso partitico ma per la politica nel suo insieme, perché in quarantacinque anni, dal 1977 a oggi, abbiamo avuto trentacinque governi composti da tutti gli schieramenti, di destra, di centro, di sinistra.
Ciò che dobbiamo capire, quindi, è la motivazione, che non può essere di natura economica perché nel 1985 verrà ripristinata l’Epifania e nel 2000 la festività del 2 giugno. La motivazione, quindi, è di natura prettamente politica è si configura come un grosso errore». Proseguendo nel suo accorato discorso, poi, Pasquale Trabucco ha fatto riferimento alle feste nazionali di altri Paesi, che si trasformano in un momento di vera unità, citando come esempio tanto il 14 luglio francese, sopravvissuto all’impero, alla monarchia e alla repubblica, quanto la festività statunitense del 4 luglio, che indusse gli eserciti in lotta durante gli anni della guerra civile a sospendere i combattimenti proprio in quel giorno perché, al di là delle momentanee divisioni tra nordisti e sudisti, quella data li accomunava in modo indissolubile. «Noi stiamo perdendo le nostre radici – sostiene Trabucco – e siamo un popolo che non sa riconoscersi in quella che è la vera festa di tutti gli italiani»
Al toccante intervento di Trabucco ha fatto da eco quanto asserito dal generale Gassirà: «Io, per esempio, non sono d’accordo sulla data del “25 aprile”. Perché? Perché a Caserta c’è stata la firma della resa tedesca, ma il 29 aprile! Questa data, quindi, non ha una valenza storica i fini della conclusione della guerra. Se questa è la realtà che comunque dobbiamo accettare, va anche detto che è in atto sin dal 2005, presso l’Università di Santa Maria Capua Vetere, in collaborazione con l’Università del Molise, un progetto teso a riscrivere la storia che riguarda la provincia di Caserta».
Analoghi concetti sono stati espressi dal generale Massimiliano Quarto, comandante della Brigata “Garibaldi”: «Noi vestivamo l’uniforme il 25 aprile, il 2 giugno e il 4 novembre. Il 4 novembre è l’unica festa che unisce. Non voglio parlar male delle altre due ma, se facciamo una riflessione, sul 25 aprile ci sono ancora delle divisioni; anche sul 2 giugno ci sono ancora delle divisioni.
Tra queste tre feste, l’unica che abbia veramente unito l’Italia, da nord a sud, è il 4 novembre. Questo forse può essere un elemento di riflessione per le nostre priorità politiche, perché noi siamo soldati, continuiamo a esserlo fino alla fine, ma crediamo nel primato della politica in quanto è lì che si esprime la volontà del popolo. Il popolo, però, va motivato, va solleticato, va spinto a ragionare su queste cose.
Il coinvolgimento del popolo nasce dal coinvolgimento delle scuole, dei ragazzi, dei giovani. Sono il nostro futuro! Ho detto più volte che se non conosciamo il nostro passato non abbiamo futuro e il futuro è rappresentato da loro. Ripristiniamo la festa, quindi, ma non trasformiamola in un punto rosso sul calendario affinché i ragazzi si sveglino e si concedano una scappatella nei centri commerciali, invece di andare a onorare i caduti o di impegnarsi in qualche lezione di storia.
Ecco, mi piacerebbe celebrare il 4 novembre in questo modo, con ragazzi che vadano a scuola per sentire parlare della storia d’Italia, in particolare di quella “Grande Guerra” che ha unito il popolo italiano. Vadano a scuola e imparino cosa rappresenti il Milite Ignoto, perché ancora non lo sanno, nonostante i tanti sforzi compiuti proprio in questi ultimi tempi per celebrare il centenario della traslazione della salma all’Altare della Patria, ivi compresa la “fiction” recentemente trasmessa in tv. Sì alla festa, quindi, ma che sia un momento di partecipazione che coinvolga soprattutto i giovani, piuttosto che una mera occasione per non andare a lavorare, facendo diventare tutti ancora più agnostici».
Parole, quelle dei tre relatori, che hanno toccato il cuore e l’anima di Lino Lavorgna, giornalista, scrittore e vicepresidente provinciale dell’Associazione Nazionale Bersaglieri (nonché collaboratore di questa testata giornalistica), presente al convegno insieme con il presidente regionale Anb Antonio Palladino, da sempre impegnato in una “rivisitazione generale della storia” (non solo quella locale, quindi), portando alla luce fatti poco noti e volutamente obnubilati dalla storiografia ufficiale, intrisa di quella ipocrisia che, per molti versi, è la fonte primaria delle persistenti divisioni, in modo da “fare seriamente i conti con il passato”.
Proprio alla Grande Guerra ha dedicato un corposo saggio, “Il Piave mormorava”, pubblicato a puntate continua a leggere sul sito di riferimento