È un tipo “tosto” Luigi Snichelotto (nella foto con la moglie Laura) che nella sua carriera ha scalato praticamente ogni livello: promoter, metalmeccanico, manager ed oggi imprenditore.
Nel 1979 lasciò l’allora 17enne fidanzata e la sua città, alle falde del Vesuvio, per trasferirsi a Torino e lavorare alla Fiat, iniziando praticamente dal livello più basso. Conta esperienze lavorative in Brasile, Londra e Francoforte.
Ha preso due lauree, in Scienze dell’Educazione e della Formazione ed in Scienze Turistiche.
Oggi Snichelotto è un imprenditore di grande successo, impegnato nel mondo della ristorazione in partnership con un brand internazionale.
Ma non è solo il lavoro ad impegnare le sue interminabili giornate: c’è una grande passione per la musica – essendo lui un jazzista che suona ben tre strumenti quali batteria, chitarra e pianoforte – e l’intensa attività nel sociale attraverso un’associazione culturale, l’“AssoMiMe”, di cui è presidente: «Ho dentro di me un forte valore di solidarietà e condivisione – dichiara – impartitomi dai miei genitori».
Quando, come e perché il lavoro è entrato nella sua vita?
«Nel 1979 quando mio padre, allora sindaco della città di Portici, in provincia di Napoli, mi disse: “Prepara la borsa che parti, vai a Torino”. Ero il “solito” meridionale che non trovava spazi nella sua terra natia per inserirsi nel tessuto lavorativo locale. Oggi, purtroppo, è ancora così, se non peggio».
Se ha fatto la gavetta che cosa ha significato per lei?
«Sicuramente il “banco di prova” per la mia tenacia. Anni duri a Torino che ricordo con sofferenza. Da solo, per 15-20 anni, anche da sposato e con prole. Ho perso anche i momenti in cui dovevo veder crescere i miei figli. Ma sono certo che per superare il tutto ho ricevuto i favori di chi da lassù ci guida».
Una paura legata alla sua professione l’ha mai vissuta?
«Sono stato spesso spinto da una paura insita: precarietà, insicurezza nel futuro. Sono fragile come tutti ed ho vissuto quel dubbio che ogni essere umano deve possedere».
Un desiderio ce l’ha?
«Non cose materiali, che hanno un valore effimero, ma la gestione del mio tempo. Avremmo tutti bisogno di una buona “quarta età” attraverso la quale dedicarci alla conoscenza di noi stessi».
Quanto ha influito la musica nella sua vita?
«Tantissimo. Avevo 8 anni e chiesi a mia madre il fustino vuoto di un detersivo in polvere: lo capovolsi e iniziai a produrre i primi ritmi attraverso l’uso delle cucchiarelle in legno che battevo sopra di esso. Poi, per alcuni anni, ho frequentato i corsi da un batterista stimato ed iniziai anche le lezioni di chitarra e pianoforte. Ho inciso numerosi lavori discografici, tutti presenti sui digital store».
Ha preso parte, in veste di musicista, a numerose trasmissioni televisive…
«Sì, tra i programmi che amo ricordare ci sono quelli su Raiuno come “La nave di Capodanno”, “Stessa spiaggia, stesso mare” e “Gran galà di fine anno” e “Tintarella di luna” su Raidue. Ma tante altre su “Video Italia” e sui canali regionali».
Quanto è stata ed è fondamentale la sua famiglia?
«Nella maniera più assoluta. Mia moglie, Laura Patrizia Cagnazzo, con la quale siamo sposati “l’uno contro l’altro” da 42 anni, è dirigente scolastico, ed è da sempre stata la mia complice, la mia educatrice, il mio tutto: colei che mi tiene ancorato alla quotidianità della vita reale. Abbiamo due splendidi figli, Pellegrino che è musicista e produttore, e Cecilia che è imprenditrice. Cosa volere di più dalla vita?».
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