Dal 4 al 9 gennaio è in scena nella Sala Assoli di Napoli il testo di Mattia Torre, Giovanni Ludeno è il protagonista della produzione di Casa del Contemporaneo
Per farcela bisogna essere sprezzanti, violenti, addirittura disposti a uccidere: è la morale sottintesa in “Migliore”, l’atto comico di Mattia Torre che va in scena dal 4 al 9 gennaio nella Sala Assoli, prima rappresentazione del 2022 nello spazio napoletano di Casa del Contemporaneo.
Interpretato da Giovanni Ludeno e diretto da Giuseppe Miale di Mauro, il testo racconta una storia al limite del paradosso in cui viene fuori l’idea malsana della società contemporanea.
È la vicenda bizzarra di Alfredo Beaumont, un uomo comune, buono al limite del fesso, che si trova suo malgrado coinvolto in un incidente mortale. Alfredo è assolto dalla giustizia ma il suo stato d’animo lo trascina in una crisi profonda: così diventa cinico, malvagio.
E il mondo che lo circonda anziché rifiutarlo gli spalanca le braccia; la donna da sempre amata nell’ombra comincia a considerarlo, il lavoro migliora e le sue ansie sembrano dissolversi.
“Mattia Torre con la sua scrittura pungente ci spiattella davanti agli occhi la confusione sociale in cui viviamo, con ironia e sagacia. Viene da chiedersi: chissà come avrebbe raccontato questi tempi assurdi in cui viviamo ora… “, scrivono nelle note al testo Ludeno e Miale di Mauro.
L’interprete del lavoro è una figura nota al pubblico delle sale cinematografiche e del piccolo schermo: è stato tra gli interpreti di “Lo spazio bianco”, “Una vita tranquilla”, “Il giovane favoloso”, “5 è il numero perfetto”, “Habemus Papam”, “Gomorra”, “Le indagini di Lolita Lobosco” e del recentissimo “Non ti pago” di Eduardo De Filippo per la regia di Edoardo De Angelis.
Dalle note: “Troppo tempo abbiamo passato in solitudine, ne andava della nostra salvezza. La solitudine sanitaria ha fatto sì che in un certo modo fossimo salvi. Poi è subentrata l’abitudine, e la solitudine si è fatta emotiva, culturale, politica, azzardando. Di fianco a “solitudine” a braccetto ci va sempre “paura”, e così la frittata è fatta. Ogni nostro tipo di incontro diventa una minaccia, una preoccupazione.
Intanto piano piano i teatri riaprono, e zoppi, feriti in ogni parte dei nostri sensi, con paura, torniamo a sederci di nuovo accanto (sempre distanziati, s’intenda!) e aspettiamo che la sala si faccia buia e che lo spettacolo abbia di nuovo inizio”.
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