di Francesco Gallo
Il militare Giuseppe Lazzari aveva 46 anni quando si è spento, ucciso da un mesotelioma per esposizione ad amianto e ad uranio impoverito. In questi giorni il Tar del Lazio ha condannato il Ministero della Difesa al risarcimento del danno subito dal maresciallo capo Giuseppe Lazzari, di Torre Annunziata, collegando la malattia al lavoro prestato in territori e mezzi contaminati da fibre di amianto e alle radiazioni correlate all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito.
Il Ministero aveva rigettato le domande della vedova e degli orfani, all’epoca della morte del padre una ragazzina di 17 anni e uno di 13. Poi la vicenda è giunta all’attenzione dell’Osservatorio Nazionale Amianto e dell’avvocato Ezio Bonanni, i quali hanno sostenuto la famiglia nella lunga battaglia giudiziaria durata 10 anni e svoltasi prima presso il Tribunale di Pescara per il riconoscimento dello status di vittima del dovere, e poi al Tar del Lazio con la pronuncia di riconoscimento della causa di servizio, passata in giudicato il 26 gennaio 2022, e l’altra, decisione, di questi giorni, che condanna anche al risarcimento del danno.
Spiega l’Osservatorio Nazionale Amianto: “È stato finalmente sancito il fatto che, oltre alle fibre di amianto, anche le radiazioni e le nanoparticelle di uranio impoverito legate ai proiettili e alla loro esplosione sono dannose per la salute e provocano il mesotelioma”. Dalla vedova, Anna Odore, queste parole: “Questo processo è stato anche un motivo per ricordare di mio marito. Ho voluto portare avanti la sua volontà di abbattere un sistema che negava gli effetti derivanti dall’amianto e dall’uranio impoverito”.
Tuttavia, spiega sempre l’Osservatorio “la famiglia non ha ancora diritto ad un risarcimento per l’opposizione del Ministero a risarcire e perché bisogna determinare l’importo del danno”. Lazzari era stato esposto all’asbesto delle cucine da campo utilizzate nelle missioni all’estero, così come nei mezzi corazzati usati negli spostamenti.
L’amianto era presente, inoltre, anche negli elicotteri impiegati dall’esercito italiano. Tristemente nella sentenza è stato ribadito più volte che “In tutte queste situazioni il militare avrebbe operato privo di dispositivi di protezione e non sarebbe mai stato informato della presenza di agenti patogeni”.